Il problema del gas

Il problema del gas

L’aumento del costo dell’energia e dei carburanti ha avuto effetti piuttosto concreti sul lavoro di molte aziende italiane, costrette a fermare diverse linee di produzione.

I settori energivori, cioè che consumano grandi quantità di energia, sono i più esposti all’andamento dei prezzi: i produttori di acciaio e alluminio, i produttori di pannelli, le fonderie, i cementifici, chi produce ceramiche, l’industria del vetro, le cartiere, ma anche la chimica e i laboratori degli artigiani.

Già alla fine del 2021 le aziende di questi settori avevano ricevuto bollette molto più alte rispetto ai mesi precedenti e avevano chiesto al governo un sostegno economico. Ma la situazione è peggiorata dopo l’invasione russa in Ucraina non tanto per l’atteso aumento dei prezzi, quanto per la loro volatilità, in altre parole per un andamento caratterizzato dall’alternanza tra forti crescite e rapidi cali non preventivabili.

La prima mossa di molte aziende è stata limitare la produzione allo stretto necessario, rallentare nei reparti che consumano più energia, chiedere ai dipendenti di lavorare anche nel weekend, quando l’energia costa meno. Quando non è possibile fare tutto questo, le aziende sono state costrette a chiudere temporaneamente intere linee e chiedere la cassa integrazione.
La regione in cui sono state segnalate più chiusure è la Lombardia. Secondo una stima dell’assessorato regionale alle Attività produttive, sono infatti 310 le aziende lombarde che hanno fermato la produzione a causa dei costi energetici. Alcune hanno riaperto almeno parzialmente, altre hanno provato a ripartire e purtroppo si sono dovute fermate di nuovo.

Tutti i settori sono a rischio ma per l’economia del legno italiana c’è il pericolo di entrare in acque ancora più burrascose non solo sul fronte dell’export ma anche per l’approvvigionamento della materia prima stessa: aumenti di prezzi ed inflazione portano infatti anche ad un calo nella vendita del prodotto finito.

Le imprese del legno-arredo stanno infatti lavorando al fine di contenere e mitigare i rischi che questi nuovi scenari potrebbero generare anche se il più probabile scenario post-bellico per il loro business, al momento, non è dei più rosei…L’impatto economico sul lungo periodo potrebbe infatti avere risvolti negativi in quanto già adesso si sta assistendo a una visibile situazione di incertezza e stasi da parte dei clienti di entrambi i paesi poiché la Russia è un mercato importante sia per la fornitura di legname sia come area di vendita.

Si teme inoltre che la crisi economica legata alle sanzioni di questi mesi, ci allontanerà dalle scelte più eco-friendly poiché eventi come la pandemia o i conflitti bellici non portano mai alla possibilità di riflettere rispetto ai temi come la sostenibilità, per quanto importanti possano essere. Quando ci si trova in emergenza si è costretti a fare i conti con le necessità contingenti, per garantire la sopravvivenza delle persone e delle attività.

Dal punto di vista energetico, invece, l’Italia sta cercando di fare nuovi accordi sull’importazione di gas naturale con l’obiettivo di ridurre la dipendenza energetica dalla Russia e in questo modo cercare di abbassare i costi. L’Italia usa moltissimo il gas per la produzione di energia (per il 42 per cento nel 2020), importandolo quasi tutto (il 95 per cento nel 2021), e in larga parte dalla Russia (il 40 per cento delle importazioni di gas nel 2021).

Il governo italiano ha progettato di favorire lo sfruttamento di fonti rinnovabili di energia e di aumentare la produzione nazionale di gas. È una strategia che passa anche per l’acquisto da altri paesi di almeno la metà dei 29 miliardi di metri cubi di gas che l’anno scorso furono acquistati dalla Russia. L’obiettivo potrebbe essere raggiunto entro il 2023, anche perché nel breve termine è impossibile fare a meno del gas.

In conclusione questa situazione di incertezza e instabilità sta mettendo a dura prova molte aziende ma rimane comunque la speranza di riuscire a ripartire tutti e, si spera, più forti di prima!